MEDICAL HUMANITIES E BIOETICA CLINICA
INVITO ALLA LETTURA

Venerdi 3 Dicembre 2010 all’Ospedale dei Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina a Roma è stato presentato il testo “Medical Humanities e Bioetica Clinica”, curato da Enrico Larghero, Rosaria Marchesi e Mariella Lombardi Ricci. I contributi di validi professionisti delle diverse materie umanistiche vengono qui raccolti in una sapiente sinfonia ed offerti ai lettori interessati, grazie alle esperienze di assistenza di tre grandi istituti cattolici come le Suore Domenicane di Santa Caterina, i Fatebenefratelli e i Camilliani, “accomunati fra di loro da un ideale che li porta ad accogliere e promuovere un percorso di umanizzazione” (p.14).

Ciò significa mettere il classico metodo clinico al centro della medicina, facendo tesoro delle esperienze dei secoli precedenti, ed incontrando le attese di formazione e realizzazione delle generazioni attuali.

Chi legge con attenzione questa raccolta di scritti, li trova intimamente connessi ad un altro prezioso testo che ha arricchito la riflessione umanistica dei nostri tempi, e che viene ricordato fra le pagine del libro. Si tratta dell’opera di Giorgio Israel: “Per una medicina umanistica” (p.13, p.238), dove l’Autore dice qual è il fondamento antropologico che sembra postulato dalla bioetica. Infatti, intervenendo alla presentazione del libro, il Prof. Israel ha notato che si può qualificare la bioetica con diverse aggettivazioni, ma lui crede che sia meglio parlare di “bioetica cattolica”. Mariella Lombardi Ricci, la quale mi ha chiesto di scrivere questa nota, mi ha fatto intravedere che così si tocca la questione chiave: il
fondamento umanistico della bioetica e di tutte le professioni medicali, oggi richiesto anche nella prospettiva delle elaborazioni socio-politiche ed istituzionali. Lo dice Enrico Larghero ricordando Emmanuel Mounier: “una comunità è una Persona nuova che unisce diverse persone legandole nell’intimo” (p.120). In realtà è lo stesso Papa Ratzinger a dire che: “l’essere umano porta anche nel proprio genoma le tracce dell’amore di Dio”. Quindi le diverse forme di bioetica (clinica, narrativa, laica, assistenziale, del quotidiano, della cura, eccetera) possono trovare nella visione cattolica (Romano Guardini) il fondamento umanistico che le abilita al dialogo oggi richiesto dalle sfide tecno-scientifiche più avveniristiche (eutanasia, riproduzione in provetta, e altre).

Intervenendo a questo momento di presentazione, il Vescovo Segretario del Pontificio Consiglio per la Salute, Mons. Josè Louis Redrado, ha ricordato l’iscrizione che campeggia nel vecchio ospedale San Giacomo di Roma: “vieni per essere guarito, se non guarito almeno curato, se non curato almeno consolato”. Ed è ciò che comporta una medicina umanistica integralmente intesa, capace di fare riferimento ai concetti di salus (p.192) che vuol dire insieme “salute e salvezza”, un tema caro ad Angelo Scola, ed ai concetti di “mosaico terapeutico”, di “alleanza terapeutica” (p.187-203, a cura di Ugo Marchisio), di “relazione medico-paziente” (p.169-185, a cura di Giorgio Lovera), di “dignità della persona” (p.15-30, a cura di Elio Sgreccia).

Particolarmente ricchi sono i racconti delle esperienze ospedaliere (p.243-318) realizzate nei vari campi (ricerca biomedica, formazione, psichiatria, neonatologia, oncologia, rianimazione e terapia intensiva), mentre particolarmente interessanti sono gli scritti di Giorgio Palestro (p.139, comunicare in sanità), e di Nicola Ferraro (p.205, mass-media e sanità), dove si vede la fine del paternalismo col passaggio alla democrazia e al villaggio globale.

Naturalmente, non si può dare nemmeno un’idea della sapienza che si respira leggendo e studiando questa raccolta di scritti, che “comunicano il fascino dello stare vicino a chi soffre con tutto il bagaglio di conoscenze, ma soprattutto con un’autentica e solidale partecipazione”.

Alen Pandolfi
7 Dicembre 2010